La scorsa settimana la mia collega e coinquilina Huahua è entrata in ufficio dicendomi: << Luca, voglio comprare La Montagna dell'Anima, ma non lo trovo...magari me lo compri tu quando vai a Taiwan? >>.
Nonostante la lista di articoli venduti online in Cina sia praticamente infinita, ci sono alcuni libri che non si trovano né in libreria, né sul fornitissimo Amazon.cn. E non stiamo parlando di opere di nicchia. Lo scrittore in questione è il premio Nobel per la letteratura Gao Xingjian. Quando quella domenica pomeriggio le ho parlato dello scrittore, Huahua è rimasta amaramente sbalordita di fronte all'ennesima notizia coperta dalla censura dei media: << Ma ci hanno sempre detto che mai nessun cinese ha ricevuto il premio Nobel!!* >>. E' stato allora che ho raddoppiato il colpo "rivelando" che un altro importante riconoscimento era stato assegnato ad un altro connazionale proprio pochi anni fa: Liu Xiaobo, Nobel per la Pace 2010. Entrambi, teoricamente motivo di orgoglio nazionale, sono invece tenuti nascosti all'opinione pubblica in quanto ribelli al sistema e dissidenti politici. Riconoscerne gli onori sarebbe una zappa sui piedi per il partito. E' stato un piacere poter soddisfare la sua curiosità, collegandomi con il mio VPN (accesso a pagamento su server USA per bypassare la "Grande Muraglia" di fuoco cinese) per cercare le pagine non censurate di Wikipedia sui due autori e fornirle i contenuti in PDF. L'ho subito dissuasa dal cercare con il suo computer, non tanto per la noiosa disconnessione automaticamente della linea (succede sempre quando si cerca contenuto sensibile qua in Cina), quanto per evitare di incorrere in "segnalazioni" che potrebbero precludere il rilascio di un passaporto o entrare in una black-list di cyber-dissidenti. Questo forse è frutto di una mia paranoica cautela, ma visti i tentativi (falliti) di controllare i computer con la Green Dam e le storie che si leggono sull'arresto di dissidenti anche grazie alla rete, meglio essere cauti. Ad ogni modo, quello che è stato davvero interessante è avvenuto dopo. E' stata Chen Lan, altra mia collega di lavoro, a intromettersi nel discorso in modo chiaro e deciso: << E' giusto. Non tutti i contenuti possono essere resi accessibili alla gente, il governo deve svolgere una funzione di controllo. >>. Apriti cielo. Purtroppo non sono il massimo a tenere la mia bocca cucita, soprattutto quando si tratta di discussioni politiche, diritti civili o libertà di espressione, ed è così che si è aperto un acceso dibattito nel mezzo della nostra noiosa mattinata di lavoro. Le due tesi contrastanti, quella del sottoscritto e quella di Chen Lan, possono essere riassunte brevemente così: - (Luca) la libertà dell'uomo in tutte le sue forme, inclusa la libertà di parola, vanno tutelate prima di tutto, e lo stato non può avere diritto a sopprimere tale libertà individuale. - (Chen Lan) la libertà di un uomo può essere lecitamente ridotta quando il suo utilizzo potrebbe portare ad una destabilizzazione dello status quo e della armonia sociale. Il mantenimento di condizioni favorevoli alla stabilità collettiva viene prima di tutto. Consapevole che un lettore occidentale medio potrebbe appoggiare la mia posizione e contrastare quella di Chen Lan, premetto subito dicendo che cercare consenso non è il mio obiettivo. In realtà l'affermazione di Chen Lan, condivisa da tantissimi cinesi, non può essere sminuita solo perché non coerente ad ideali di diritti umani tanto valorizzati dall'occidente. Sarebbe inoltre facile scartare l'argomentazione come frutto di una mente soggiogata alla propaganda di governo (errore che ho commesso anche io inizialmente), in realtà se una grande percentuale di più di un miliardo di persone la pensa così, sarebbe bene provare a capire le ragioni di Chen Lan. Analizziamo i fatti: la Cina è un paese con 56 etnie, una vastità territoriale pari a 30 volte l'Italia, con disparità economiche, sociali ed educative notevoli. L'idea di una piena libertà di espressione, e quindi di parola e di voto, porterebbe (con grande probabilità) ad una destabilizzazione totale, sommosse, sconvolgimenti politici e sociali, un aumento o inasprimento dei moti indipendentisti (Tibet e Xinjiang due esempi) e infine al caos. Questa è l'analisi di Chen Lan, e personalmente ritengo sia uno scenario plausibile. Se questi fossero i possibili effetti collaterali di un sistema democratico in Cina, sarebbe contro ogni logica continuare a sostenere tale libertà. I benefici per l'uomo come singolo individuo sarebbero completamente annullati e sopraffatti dal cataclisma sociale, che in fine colpirebbero anche l'individuo stesso. Al tempo stesso diritti umani sono anche tutti quei progressi che il paese ha conquistato in questi anni di sviluppo economico, aumentando il benessere di tanti cinesi, incrementando il tasso di istruzione e rafforzando l'assistenza sanitaria. Come ultima provocazione Chen Lan ha aggiunto: << Guarda alla situazione dell'Europa…avete la democrazia, ma avete anche tanti problemi economici e sociali. Dare spazio a troppe opinioni diverse non facilita la risoluzione dei problemi >>. Non ha tutti i torti. Per un attimo ho annuito. Ma è bastato un secondo per riportarmi sulla mia posizione. Dopo il mio sforzo, ho cercato di far comprendere a Chen Lan le mie ragioni. Le ho chiesto quale, in ultima istanza, fosse l'ambizione più nobile alla quale possa aspirare un uomo: << Non è forse la totale e completa Libertà? >>, le ho chiesto. Per un attimo ha annuito. E ha aggiunto che molto probabilmente questa è l'agenda politica del partito, ma non ora e non così velocemente. La libertà, i diritti umani sono nel programma, ma il processo richiede tempo e pazienza, così ha spiegato Chen Lan. << Quando arrestano un dissidente politico o ne censurano i libri, come nel caso di Gao Xingjian e Liu Xiaobo, sanno che è sbagliato, lo sanno i politici, lo sanno le persone. Ma è un ingiustizia che riusciamo e dobbiamo accettare in cambio di una stabilità sociale e uno sviluppo economico che sono la premessa di un sistema più democratico. Tentare di velocizzare questo processo ci farebbe piombare nel caos e il progetto democratico sarebbe completamente spazzato via >>. Quindi non è "bello" sapere che Liu Xiaobo sia stato condannato a 11 anni di prigione per le sue idee libertarie, ma è altrettanto fondamentale che tali idee non si diffondano in questo preciso momento storico per amore della collettività e di un (auspicabile) futuro più democratico. Ho tirato un sospiro di rassegnazione, e non perché Chen Lan non avesse capito, ma perché al contrario aveva capito fin troppo bene la situazione. Le nostre erano due posizioni opposte provenienti da due background culturali diversi, quello occidentale in cui l'uomo e le sue libertà sono priorità indiscussa, e quello cinese (molto confuciano) in cui la collettività viene prima dell'individuo. Da un punto di vista puramente filosofico o antropologico, entrambe le tesi sono condivisibili. Ciò che mi ha consolato alla fine sono stati quei due attimi in cui io e Chen Lan abbiamo compreso le ragioni reciproche, e abbiamo annuito. La distanza delle nostre tesi risiede nella modalità di raggiungere un certo obiettivo, e non nell'obiettivo in sé. La Libertà dell'uomo è l'ideale più elevato a cui tutti gli esseri umani aspirano, in un modo o nell'altro. * per una lista completa dei Nobel cinesi, clicca qui
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Nell'edizione di Bloomberg Businessweek di gennaio sono raccolti svariati articoli che ripercorrono i cambiamenti sociali e politici avvenuti nell'anno appena trascorso. Rivisto in poche pagine, il 2011 appare come l'anno delle grandi rivolte sociali (dai movimenti democratici del Nord Africa e del Medio Oriente, alle proteste giovanili in Europa fino ad arrivare al cuore del centro finanziario con Occupy Wall Street). Verrebbe da dire un grande anno per la democrazia. Eppure tra tutti gli articoli sembrava scorrere un senso comune che mostrava il lato imperfetto di quello che ad oggi sembra essere considerato in modo indiscusso il sistema politico più avanzato a cui un popolo possa aspirare. E' innegabile che la situazione economica, politica e sociale nella quale versano le grandi democrazie del mondo (USA e in particolare l'Europa) abbiano dato adito a dubbi sulla reale perfezione del sistema. Allo stesso tempo lo sviluppo inarrestabile di paesi meno democratici come la Cina o l'India (ufficialmente una democrazia) hanno rafforzato l'idea che forse qualche cosa va rivista nel modello di governo di tanti paesi occidentali. Oltretutto la situazione è talmente degenerata negli ultimi tempi che nemmeno la prerogativa dei "diritti umani" e della "libertà" sembra avere più senso. Giovani che sono a casa senza un lavoro, famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese, casi di malnutrizione infantile in Grecia per scarsità di cibo, pensionati che pensano di farla finita e imprenditori che si uccidono. E poi ancora proteste pacifiche accolte a manganellate, referendum travisati e disattesi nel loro risultato, volontà popolari totalmente inascoltate in favore di poteri forti, banche e mondo finanziario. Viene spontaneo chiedersi, che senso ha sapere di vivere in un paese democratico di nome, in cui il popolo è libero di manifestare dissenso ma che nei fatti non conta nulla? E soprattutto, che differenza c'è tra un governo autoritario alla cinese, o un governo democratico all'italiana? (è meglio un buon autoritarismo o una pessima democrazia?). Quale differenza tra un sistema autoreferenziale che mira al controllo in favore di stabilità e crescita e un sistema che dopo aver contratto debiti ed aver assecondato gli istinti selvaggi del capitalismo ora ci obbliga a farci carico di tali oneri e ripagare i danni di un disastro creato da altri? A guardare da distante, entrambi i modelli (per definizione non democratico il primo, e democratico il secondo) sembrano coincidere in un aspetto: il palese disinteresse verso l'Uomo. Io credo che se vogliamo seriamente migliorare entrambi i sistemi, è fondamentale che lo si faccia proprio con l'obiettivo di elevare la qualità esistenziale dell'Uomo in quanto oggetto primario dello sviluppo. L'Uomo prima delle banche, l'Uomo prima delle multinazionali, l'Uomo prima del PIL, l'Uomo prima del denaro. Mi rendo conto che suona utopico, ma le rivolte esplose in ogni angolo della terra sembrano indicare che sono in tanti a tendere a questa utopia. Qualunque sistema politico e sociale è destinato a fallire nel lungo periodo se non è improntato al miglioramento globale (quindi non solo economico) dell'Umanità. Certo riconosco che tra tutti i sistemi possibili, la democrazia rimane ancora il preferibile. Ma i grandi cambiamenti e i subbugli su scala mondiale hanno dimostrato che tale sistema è ben lungi dall'essere perfetto. Non credo che vivrò a lungo da vedere realizzato un modello migliore, ma è evidente che le basi per un grande cambiamento sono state gettate. La grande partecipazione popolare è il vero promotore di una svolta reale. Possibilmente la vera democrazia (etimologicamente potere del popolo) è quella in cui smetteremo di delegare con il voto, e cominceremo a partecipare politicamente con le azioni quotidiane. Sarà come votare ogni giorno, ogni istante. Quando facciamo raccolta differenziata, votiamo per un pianeta più pulito e salubre. Quando acquistiamo prodotti locali o dal contadino e boicottiamo le multinazionali, votiamo per un mondo più giusto e un economia più sana. Quando riduciamo il consumo di carne e prodotti animali votiamo per meno sofferenza verso altre creature e più cereali e legumi da condividere con i poveri del mondo. Con le nostre scelte e le nostre azioni possiamo perfezionare il sistema. Power to the People per una democrazia 2.0 possibilmente in assenza di bug! Se ne sono dette tante sul 2012; chi ha prospettato la fine del mondo, chi l'arrivo degli alieni, chi lo vede come l'anno in cui l'egemonia occidentale dovrà lasciare il passo alle nuove superpotenze asiatiche, o chi non ci vede altro che un nuovo anno da aggiungere alla propria esistenza.
Io credo che il 2012 non sia specialmente diverso da quelli passati, e per questo speciale come ciascuno di quelli già trascorsi. Ogni anno, mese, giorno o minuto fanno la differenza nel momento in cui siamo noi a volerlo veramente. Non sono le circostanze esteriori a rendere un momento della nostra vita speciale, ma il modo in cui noi guardiamo a quell'istante, e allo spirito con il quale viviamo quella frazione di esistenza. Per dirla con un vecchio detto popolare, il bicchiere può essere mezzo vuoto o mezzo pieno. Ma non solo. Vedere il mondo e ciò che accade ogni giorno da una prospettiva di positività richiede una massiccia dose di fiducia e spensieratezza nell'accogliere gli eventi della vita, e alle volte un piccolo sforzo propositivo per cogliere la bellezza in ciò che apparentemente bello non è. Sono sempre più convinto che vi sia come un filo conduttore invisibile, al quale tutto e tutti siamo legati, e che ci trascina delicatamente in un percorso ben definito, che pur sembrando un groviglio ai nostri occhi, come un gomitolo di lana, racchiude in sè una linearità sorprendente, e che una volta consapevoli possiamo srotolare senza troppa difficoltà (o anche lasciarlo aggrovigliato senza farsi turbare troppo!)... E' un pò così che amo pensare alla vita. Nulla viene per caso, nemmeno gli avvenimenti più disorientanti. Prendiamo questa crisi economica. E' scontato a farsi prendere dallo sconforto, ma mi chiedo se possiamo invece guardare già oltre e vedere le opportunità di rinascita che ci attendono. Ci vorrà del tempo, e il passaggio non sarà indolore, ma è importante mantenere lo sguardo oltre, e sforzarsi di percepire la positività del cambiamento. Quello che abbiamo creato non è un sistema sostenibile, fare sforzi per mantenerlo sarebbe da stupidi e allora ben venga una rivoluzione pacifica, non di lotte o guerre, ma una rivoluzione creativa della mente e dello spirito. Una rivoluzione umana. Anche se i poteri forti mondiali si ostinano a voler mantenere questo ordine alle spalle della gente, io lo sento che saranno le persone a dare inizio ad una nuova era basata su nuovi valori. Basta tenere gli occhi aperti, e non è difficile scorgere esempi di cambiamento intorno a noi, piccole rivoluzioni silenti, pronte a convogliare in un un grande movimento di rinnovazione e crescita umana, come un fiume in piena. Anche il suicida, al limite della sopportazione, ha comunque garantita un'ultima fatidica scelta: arrendersi al dolore e farla finita, oppure scegliere di diventare qualsiasi altra cosa egli abbia in mente, anche (e soprattutto) la più folle. Anche un briciolo di positività rimasta è sufficiente per dare quella spinta a cogliere l'alternativa, per ad esempio potrebbe essere la scelta di mollare tutto, saltare sul primo treno e raggiungere mete nuove, per cambiare vita, conoscere nuove persone, aprirsi a nuovi incontri che porteranno a nuovi incontri e così via, fino a farci ritrovare quella rotta che sembrava persa per sempre, impossibile da ritrovare. Basta solo appellarsi a quell'ultima scintilla di positività che ci fa vedere oltre, e tutto il resto viene da sè, come un gomitolo che si srotola fra le dita, come destini dei quali non eravamo a conoscenza. Il mio augurio a tutta l'umanità è di saper cogliere il cambiamento positivo che ci attende in questo 2012 (e in ogni istante della nostra vita). |
chi sonoUn semplice viaggiatore, uno dei tanti, alla ricerca di quel qualcosa che so già essere quasi inafferrabile. Cosa che rende l'intero percorso ancora più avvincente. il blogNessuna pretesa prima di tutto. Un posto virtuale nel quale dare forma ai miei pensieri e ricordi per segnare le tappe dei miei viaggi, e del mio viaggio. archivi
April 2020
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